Rendiconti Online della Società Geologica Italiana - Vol. 22/2012

A multidisciplinary study of a natural example of a CO2 geological reservoir in Central Italy

Fabio Trippetta (*), Cristiano Collettini (**,***), Massimiliano R. Barchi (***), Andrea Lupattelli (***) & Francesco Mirabella (***)
(*) Dipartimento di Scienze della Terra, Sapienza Università di Roma. (**) Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Roma. (***) Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Perugia.


DOI: https://doi.org/
Volume: 22/2012
Pages: 227-229

Abstract

Studio multidisciplinare di un esempio naturale di reservoir geologico di CO2 in Italia centrale. Lo stoccaggio di CO2 e, in particolare, lo stoccaggio geologico è una delle soluzioni più promettenti per contrastare gli effetti negativi sull'ambiente del continuo aumento di emissioni di gas serra. Un modo possibile per migliorare la nostra conoscenza per lo stoccaggio a lungo termine di CO2 è quello di analizzare esempi naturali in cui questo processo è stato documentato. Basandoci su precedenti lavori di dati di sottosuolo, dati di terreno ed esperimenti di laboratorio, viene presentato uno studio multidisciplinare di un reservoir geologico (San Donato reservoir) in cui è stata misurata una sovrapressione di fluidi ricchi in CO2 pari all' 85% del carico litostatico ad una profondità di ~ 4700 m in Appennino settentrionale. Dati geochimici e isotopici suggeriscono un'origine profonda per la CO2 misurata in superfice nella zona di degassamento del centro Italia, che implica un processo di degasamento mantellico che si sta verificando in questo settore e che potrebbe rappresentare la fonte di CO2 per il San Donato reservoir. Dati di pozzi profondi e di profili di sismica a riflessione mostrano che la sovrapressione di CO2 osservata: a) è ospitata in una struttura a domo alla scala regionale che è il risultato dell'interazione tra compressione e successiva estensione, b) è intrappolata nelle Evaporiti Triassiche (ET) che sono costituite da un'alternanza di Ca-Solfati e dolomie, e c) avviene entro porzioni dolomitiche che sono sigillate da orizzonti di Ca-solfati (anidriti). Gli studi di terreno condotti su evaporiti affioranti, che rappresentano analoghi esumati delle litologie si trovano in profondità nel reservoir pressurizzato, mostrano dolomie fratturate e fagliate e Ca solfati caratterizzati da pieghe duttili senza fratture macroscopiche. Le velocità delle onde P in pozzo e in laboratorio coincidono per le anidriti (6,2-6,3 km / s), ma sono diverse per dolomie (6,2-6,3 km / s in situ e ~ 7,2 km / s in laboratorio), a conferma della diversa modalità di deformazione delle due litologie. Poiché le anidriti non sono dominate da fratture, i bassi valori di permeabilità ~10-19- ~10-22 m2, registrati negli esperimenti di laboratorio, possono essere considerati rappresentativi di condizioni in situ. Questi dati confermano la capacità di tenuta delle anidriti anche per valori elevati di pressione di fluidi. I dati di terreno mostrano che i processi di fagliazione fragile all'interno delle ET promuove lo sviluppo di un nucleo di faglia ricco in dolomia caratterizzato da processi cataclastici. Queste faglie possono rappresentare una via per il flusso di fluidi crostali che potrebbero collegare diversi serbatoi ospitati all'interno delle dolomie. Allo stesso tempo, l'intrappolamento è sfavorito all'interno di blocchi isolati di dolomie circondati da anidriti. L'integrazione di questi dati suggerisce che: 1) la posizione tettonica e strutturale, e 2) litologia e la modalità di deformazione associata, svolgono un ruolo chiave per la canalizzazione e l'intrappolamento di fluidi crostali ricchi in CO2.

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